martedì 16 giugno 2009

Il mio Dna


Il mio Dna,un po' per "estrazione famigliare,diciamo così,e un po' per "esperienze" di vita,è,invece,quello di cercare il giusto equilibrio tra le ragioni del singolo,dei singoli,e quelle della comunità,il quale assicuri il massimo consenso nella collettività degli individui.
Ritengo che non sia ammissibile,né civile,che le ragioni della comunità si spingano fino al punto da negare ogni libertà ai singoli:la libertà di pensare,parlare,scrivere,muoversi,lavorare,vivere come a uno piace meglio.
Solo l'esigenza di tutelare la libertà di tutti i singoli (o la loro sicurezza) "legittima" la necessità da parte della comunità di porre dei limiti alla libertà in genere.
E' una posizione chiaramente liberale.
I Comunisti,invece,per il bene della comunità,si spingevano fino al punto da annullare ogni libertà in campo economico e molte altre in quello politico,arrivando fino al punto da mandare nei "gulag" coloro che consideravano nocivi per la stessa.
Il che per me è intollerabile.
Nelle moderne economie industrializzate,anche l'esigenza di assicurare una maggiore uguaglianza ha indotto a limitare la libertà dei singoli nell'economia:le leggi Antitrust hanno proprio tale fine,cioè quello di garantire una maggiore uguaglianza nei mercati,perchè le concentrazioni di potere economico vengono considerate "nocive" alla Comunità e alla sua libertà,non solo sotto il profilo economico (le si considera lesive anche della democrazia).
I comunisti si proponevano di realizzare l'uguaglianza "sopprimendo" capitale e capitalisti e istituendo l'economia totalmente controllata dallo Stato,dalla comunità:per fortuna le economie industrializzate hanno saputo elaborare il "vacccino" delle leggi Antitrust.
Penso,inoltre,che,tra singolo e comunità ci debba essere un rapporto di "reciproco scambio":il singolo ha dei doveri nei confronti della comunità (come,ad es.,quello di contribuire alla sua difesa) ma anche la comunità ha dei doveri nei riguardi dei singoli.
Una comunità non può lasciare,senza nuocere al proprio benessere,che singoli si trovino in situazioni moralmente inaccettabili o nell'impossibilità di elevarsi materialmente e "spiritualmente".

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